4.5. l’importanza rilevante della soluzione proposta da Marcello nel passo D.45,1,38,20.
Benchè, come ho scritto sopra, nel diritto romano classico ancora non si formò una soluzione generale per confermare la validità della “stipulatio alteri”, l’opinione di Marcello esposta nel passo D.45,1,38,20. ancora funziona come un punto di partenza nello sviluppo istituzionale succesivo.
Secondo le dottrine degli interpolatisti, questo passo è stato interpolato molto probabilmente, ma gli elementi fondamentali, cioè la descrizione del caso in cui il contutore abbandonò il suo affare tutelare agli altri contutori e stipulò per il pupillo con gli altri contutori e l’affermazione di Marcello della possibilità di sostenere la validità della stipulazione sono genuini. Se, è certo che la giustificazione dell’opinione di Marcello attraverso la teoria dell’interesse sia possibile medianteun’interpolazione dei compilatori giustinianei, io direi l’interpolazione fu possibile poiche l’opinione di Marcello si poteva essere spiegata soltanto in questo modo, altrimenti, i compilatori non avrebbero scelto questo passo. Proprio la congruenza tra opinione di Marcello e l’intenzione dei compilatori giustinianei regge la possibilità dell’interpolazione.
L’opinione di Marcello indica un’altra possibiltà di sfuggire dal divieto “alteri stipulari nemo potest” oltre alla pena convenzionale e l’“adiectio solutionis causa”. La differenza fra questo espediente e gli altri due sta nel fatto che Marcello sostenne direttamente la validità della “stipulatio alteri” a condizione che lo stipulante avesse un interesse
, ma la pena convenzionale e l’ “adiectio solutionis causa”, formalmente ancora rispettavano il principio “alteri stipulari nemo potest”, perciò quantunque si siano riusciti a realizzare lo scopo di fuggire l’applicazione della regola, a livello formale non costituivano eccezioni alla regola. In realtà, lo stipulari “sibi et alteri” oppure il “sibi aut alteri”, non forono “stipulari alteri” nel senso vero e proprio per l’esistenza dello stipulante nella stipulazione. Anche l’inserimento della clausola di pena convenzionale nella “stipulatio alteri” cambia la natura della stipulazione. Infatti, nel passo D.45,1,38,17. si legge “poenam enim cum stipulatur quis, non illud inspicitur, quid intersit: sed quae sit quantitas, quaeque conditio stipulationis”(perciò quando uno stipula una penale, non si guarda all’interesse, che vi si abbia, ma qualsiasi la quantità, e quale la condizione della stipulazione). In questo caso, l’elemento rilevante decisivo cambia dalla prestazione per i terzi alla pena convenzionale fra lo stipulante e il promittente, quindi era abbastanza difficile dire che questa soluzione rimanga un eccezione alla invalidità dell’ “stipulari alteri”.
In questo ambiente, la soluzione di Marcello mostrò un carattere di franchezza nell’ammissione dell’eccezione alla invalidità della “stipulari alteri”. Proprio per questo, il parere di Marcello su un caso speciale, in realtà ispirò ai giuristi romani dell’epoca seguente una metodologia per schiudere la rigida norma dell’ “alteri stipulari nemo potest”. La nozione flessibile dell’interesse permise la possibilità di estendere un’eccezione di carattere speciale alla regola generale.
5. La regola sullo “stipulari alteri” nell’età giustinianea
5.1. la conferma formale del principio “alteri stipulari nemo potest” nel diritto giustinianeo e le sue eccezioni
Vediamo il passo I.3,19,19: “alteri stipulari, ut supra dictum est, nemo potest…”. Praticamente questo passo è un riassunto del passo D.45,1,38,17 di Ulpiano in Digesto. La affermazione di Ulpiano sul principio “alteri stipulari nemo potest” rimase ancora in vigore.Questo punto emerge anche dal passo I.3,19,4: “si quis alii, quam cuius iuri subiectus sit, stipuletur, nihil agit”.
Da questi passi, si può dedurre che generalmente anche nell’età giustinianea il principio “alteri stipulari nemo potest” rimase efficace. La giustificazione di questa regola si era sempre fondata sulla conessione fra la validità della stipulazione e l’interesse dello stipulante, come dimostrato nel passo D.47,1,38,17 e in quello I.3,19,19.
Per quando riguarda le eccezioni al principio, si trovavanogli esempi come i seguenti: C. 8,54,3(Diocl. et Max.)
. In questo passo, una donazione modale si era stipulata, e il donante doveva trasferire la donazione al terzo dopo un periodo determinato. Secondo il principio, né lo stipulante né il terzo potevano avere un’azione per eseguire la stipulazione. Gli imperatori, in questo caso, concedevano un azione equivalente al terzo. La concessione di azione alla stipulazione per i terzi costituiva una eccezione diretta al principio “per extraneam personam nobis adquiri non posse”. Un altro esempio sta nel passo C. 3,42,8(Diocl. et Max.)
. In questo passo, si tratta di un tipo di deposito, in cui il depositante e il depositario stipularono che il depositario dovesse restituire i beni non al depositante ma a una terza persona. In questo caso, al terzo era conferita un’“actio depositi utilis”
. Quantunque questi passi siano stati interpolati secondo gli interpolatisti, esso dimostra pero che nell’età giustinianea, l’ambito delle eccezioni si era espanso considerevolmante rispetto all’età classica.
5.2. i cambiamenti degli espedienti per sfuggire il principio “alteri stipulari nemo potest” nell’età giustinianea.
Siccome nel diritto giustinianeo rimase, in generalmente vogore il principio “alteri stipulari nemo potest”, agli espedienti naturalmente rimasero le funzione istituzionali nell’età giustinianea. Ma le innovazioni introdotte da Giustiniano anche riguadavano in questa sfera.
Per quando rigurda la pena convenzionale, rimase invariata. Possiamo vederlo dal passo I.3,19,19
.
Quanto alla “adiectio solutioni causa”, nella forma “stipulari sibi et alteri”, abbiamo visto in un passo di Gaio, che secondo le dottrine classiche vi fu controversia fra la scuola gaiana e la scuola proculiana
. La soluzione di Giustiniano seguì l’opinione della scuola proculiana. “… quod si quis sibi et alli, cuius iurisubiectus non sit, decem dari aureos stipulatus est, valebit quidem stipulatio: sed utrum totum debetur quod in stipulatione deductum est, an vero pars dimidia dubitatum est: sed placet non plus quam partem dimidiam ei adquiri …”
|