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Esegesi di D.45,1,38,20

 D.12,1,9,4. “…id est inutiliter, quoniam alii stipulari non potui”?
 
  D.45,1,110, pr. “…ut quod extraneo inutiliter stipulatus sum, non augeat meam partem”. (affinchè quello che inutilmente ho stipulato per un estaneo, non accresca la parte mia).
 
  Tutti questi testi confermano che nel diritto romano classico si osservò il principio generale del divieto di stipulare per i terzi.
 
 Per quanto riguarda l’origine di questa regola, si ritrovano varie spiegazioni
    . La dottrina tradizionale spiega tal regola dal punto di vista dalla struttura della stipulazione. L’ “obligationes ex stipulatu” è un tipo di obbligazione prodotta dal negozio verbale. Nel formalismo romano, l’efficacia nasce dalla procedura solenne della dichirazione delle volontà delle parti. La stipulazione è un incontro di una domanda (stipulatio) formulata dall’aspirante creditore e di una corrispondente promessa (promissorio) formulata dal futuro creditore. L’efficacia della stipulazione si collega inseparabilmente con la formula che costituisce la stipulazione. L’efficacia non si può separare dalle persone che pronunciano le formule, quindi è inconcepibile che la stipulazione possa avere una connessione con un terzo che è assente alla eseguzione delle forme
    .
 
 Ma la dottrina più recente ha sottolineato che la difficoltà che stava alla base della regola “alteri stipulari nemo potest” era rappresentata non tanto dal formalismo della stipulazione, perché questa regola anche si trovava la sua applicazione ai contratti e ad atti assolutamente informali come il “constitutum debiti”, quanto piuttosto dal fatto che la stipulazione a favore del terzo, tendendo ad attribuire al terzo stesso una “certa pecunia”, non avrebbe trovato uno strumento processuale per la sua attuazione
    .
 
 Generalmente, il querelante(stipulante) può agire quando ricorra un interesse valutabile dai giudici; piochè pero il contenuto della stipulazione è alteri certum dare, è impossibile che i giudici concedano un’azione allo stipulante. Poiché secondo la formula dell’azione applicabile, il giudice può condannare soltanto ad un somma di denaro oppure al valore dell’oggetto che deve consegnare, il giudice non ha la discrezione in virtù della clausola “quidquid…oportet” a valutare gli altri interessi. Nel caso della stipulazione per altri, invece, il pagamento della somma di denaro oppure la consegna dell’oggetto non dovrebbero essere adempiuti verso stipulante, quindi non ci sarebbe la possibilità per lui di agire
    .
 
 Quest’ultima impostazione mi pare sia più sostenibile per la sua congruenza allo sviluppo successivo del principio nella dottrina giuridica romana.
 
 
 
 4. L’esegesi del paragrafo
  4.1. analisi generale del passo D.45,1,38,20.
 
 Nel paragrafo si pone anzitutto un questione: quando uno stipula per un terzo, ed egli stesso ha un proprio interesse alla stipulazione, in quel caso, la stipulazione fra le parti è una stipulazione nel senso vera e propria, cioè valida? Questa è una domanda abbastanza generale. Poi, si è inserita nel passo un’opinione di Marcello, secondo il quale, in un caso speciale una stipulazione per altri di questa natura vale come una stipulazione normale. Marcello espone il caso in cui un contutore aveva cominciato a impegnarsi negli affari tutelari di un pupillo, e poi aveva abbandonato la sua amministrazione tutelare agli altri contutori, e aveva stipulato con loro che i beni del pupillo dovevano rimanere al pupillo stesso. Marcello ritiene che si possa sostenere che la stipulazione sia valida. Per la giustificazione della soluzione di Marcello, il passo ha dato questa spiegazione:perchè vi sia un interesse dello stipulante nella stipulazione ciò che se non si faccia come quello stipulato, lo stipulante sarebbe obbligato verso il pupillo.
 
 Questo è l’idea generale del passo.
 
 A livello strutturale, questo paragrafo può essere diviso in tre parti. La prima parte include i periodi “si stipuler alteri alli, cum mea interesset, vedeamus, an stipulatio committatur. Et ait Marcellus stipulationem valere in specie huiusmodi”. In questa parte, si tratta di un tipo speciale di stipulazione per altri nel quale lo stipulante ha un proprio interesse nella stipulazione, e propone il problema quale se si incorre nella stipulazione. La domanda in realtà presupone un problema, che il principio “alteri stipulari nemo potest” sia una regola rigida oppure flessibile permettendo qualche eccezione. Ma il problema per noi è soprattuto se la stipulazione per altri con proprio interesse dello stipulante sia un tipo di stipulazione speciale e quale sia la sua rilevanza giuridica. La risposta mi pare stia nella connessione fra il principio “alteri stipulari nemo potest” e la giustificazione di questo principio data dai giuristi rimani attraverso la teoria dell’interesse nel fondamento della stipulazione.
 
 Vediamo il paragrafo D.45,1,38,17: “Alteri stipulari nemo potest, praeterquam si servus domino, filius patri stipuletur:inventae sunt enim huiusmodi obligationes ad hoc, ut unusquisque sibi adquirat quod sua interest:ceterum ut alii detur, nihil interest mea. Plane si velim hoc facere, poenam stipulari conveniet, ut, si ita factum non sit, ut comprehensum est, committetur stipulatio etiam ei, cuius nihil interest:poenam enim cum stipulatur quis, non illud inspicitur, quid intersit, sed quae sit quantitas quaeque condicio stipulationis”
    . Nel passo, Ulpiano provò a trovare una spiegazione al divieto. Secondo lui, la base di “alteri stipulari nemo potest” era una conseguenza del fatto che lo stipulante non aveva un interesse nella stipulazione per altri. Questa è la teoria dell’interesse della stipulazione per altri.
 
 Nelle dottrine romane, si trova anche altre spiegazioni del divieto: per esempio,Paolo ha dato una spiegazione diversa nel passo D.44,7(1),11: “Quaecunque gerimus, cum ex nostro contractu originem trahunt, nisi ex nostra persona obligationis initium sumant, inanem actum nostrum efficiunt: et ideo neque stipulari, neque emere, vendere, contrahere, ut alter suo nomine recte agat, possumus”
    . Ma l’impostazionedelucidata nel passo D.45,1,38,17 sotto il nome di Ulpiano
     ebbe una grande influenza nella età successiva. La teoria dell’interesse in realtà offrì l’addentellato per riconosciere l’eccezioni al divieto e attenuare la rigidità della regola giuridica.


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