Se l’origine e la base del divieto che stiamo esaminando fanno riferimento alla mancanza dell’interesse dello stipulante nella stipulazione per altri, naturalmente e logicamente può porrsi la domanda che, qundo non manca interesse dello stipulante alla stipulazione, deve applicarsi questo divieto? Questo è il significato contestuale della prima parte che stiamo esaminando.
“Et ait Marcellus stipulationem valere in specie huiusmodi.” La risposta della domanda è che “e Marcello dice, che vale una stipulazione in un caso di questa natura”. Da questa frase possiamo dedurre che secondo Marcello, in un certo caso, la stipulazione per altri ha valdità qualora lo stipulante vi abbia un interesse. Ma qui dice “in specie huiusmodi”, cioè questa eccezione è limitata soltanto in un caso speciale. Perciò, Marcello non ha affermato generalmente che la stipulazione per altri con lo stipulante che ha interesse nella stipulazione sia valida.
La seconda parte del passo occupa la descrizione del caso proposto da Marcello. “Is, qui pupilli tutelam administrare coeperat, cessit administratione contutori suo et stipulatus est rem pupilli salvam fore. Ait Marcellus posse defendi stipulationem valere”. Si tratta di un caso di tutela. Per spiegare il significato del caso, faccio un breve riferimento sul regime della resposabilità del contutore nel diritto romano.
Nella responsabilità dei contutori, secondo l’opinione tradizionale si adopera la distinzione tra tutela divisa e tutela indivisa. Tutela divisa si ha quando, tra più tutori, ciascuno amministra entro la sfera di competenza che gli è stata assegnata. L’assegnazione può provenire solo dal testatore o dall’autorità tutelare, non da un accordo tra i tutori
. La tutela è indivisa quando non siano predisposte sfere di competenza. Lo jus civile stabilisce per la tutela indivisa il regime della solidarietà
. In questa sfera, si distingue fra regime classico e regime giustinaneo ritenendosi che in generale, nella età calssica si adopera tutela indivisa e che il regime di essa fosse quello della solidarietà pura. La gestione tutelare era un tutto indivisibile e non poteva conseguire che responsabilità solidale
.
Se guadiamo il problema dal punto di vista del regime dell’esonero dagli affari tutelari, troviamo delle limitazione strette fondano sulla concezione dell’obbligatorietà della tutela. La rinunzia della tutela è accettabile soltanto in casi limiti. Nell’epoca di Marco Aurelio, cioè l’età in cui visse il Marcello, fu tolta al tutote testamentario la facoltà dell’abdicatio, e gli è stato esteso in compenso il regime delle excusationes. L’elenco d’ipotesi in cui si aveva diritto all’esonero in questa epoca è il seguente: certi uffici pubblici, l’essenza rei publicae causa dal luogo dove si dovrebbe gestire la tutela, alcune professioni, l’estrema povertà ect
. Comunque, il tutore non è conferita la libertà di abbandonare la tutela che si è assegnata a lui.
Nel caso proposto di Marcello, il contutore abbandonava l’amministrazione agli altri contutori. Quest’abbandono si deve intendere non come un gesto con carattere giuridico, ma soltanto come una distribuzione degli affari di fatto interno fra i contutori. Nel regime della responsabilità solidale fra contutori e la stretta limitazione dell’esonero dagli affari tutelari, il tutore che abbandonava la tutela era ancora gravata dalla responsabilità della tutela. In questo caso, il tutore vuole limitare la sua responsabilità attraverso una stipulazione “est rem pupilli salvam fore” con gli altri contutori. A fronte di questa stipulazione, vi sono due punti di vista. Dal punto di vista del contenuto della stipulazione, è proprio una stipulazione per un altro cioè il pupillo sotto la tutela. Ma dal punto di vista dell’intenzione sostanziale, reale della stipulazione, questa serve principalmente a limitare la responsabilità dello stipulante. Possiamo dire che questi due punti di vista si rapppresentano l’aspetto formale e quello sostanziale della stipulazione. In questo caso, per giudicare la validità della stipulazione, si deve decidere tra elemento formale e elemento sostanziale. La scelta dipende dal carattere accademico del giurista. Marcello, è proprio un giurista che prende le decisioni più dal punto di vista della nacessità pratica che della teoria astratta. Perciò, Marcello dice di potersi sostenere che la stipulazione sia valida.
Ma l’espressione del passo è “Ait Marcellus posse defendi, stipulationem valere”. Qui Marcello soltanto conferma che sia possibile sostenere che la stipulazione abbia validità, non ha stabilito un tipo di eccezione generale al divieto “alteri stipulari nemo potest”. Quantunque possiamo dire che il Marcello aveva introdotto un’eccezione al divieto, questa eccezione vale soltanto per un caso molto speciale.
La terza parte del passo è la giustificazione dell’opinione di Marcello. “fieri quod stipulatus est, cum obligatus futurus esset pupillo, si aliter res cesserit”. La spiegazione è fondata sulla teoria dell’interesse dello stipulante alla stipulazione. “interest enim stipulatoris”, perchè vi è interesse dello stipulante.
4.2. qualche conclusione dall’esegesi generale
Generalmente, nel passo che stiamo esaminando, si discute il problema della possibilità di permettere l’eccezione al principio di “alteri stipulari nemo potest”. Il passo ha trattato un tipo di stipulazione speciale, quello nella stipulazione per altri in cui lo stipulante ha un interesse. Questa discussione non è occasionale, perche i giuristi romani giustificano il principio proprio dal punto di vista della mancanza dell’interesse dello stipulante nella stipulazione. Il passo ha citato la trattazione di Marcello di un caso speciale, in cui egli espresso l’opinione che una stipulazione fra il contutore che abbandonava la propria aministrazione e gli altri contutori sulla gestione correta degli affari tutelari sia possibile sostenere la validità di una stipulazione. La giustificazione del parere nel passo si basa in cui egli ha sostenutosul fondamento dell’interesse dello stipulante nella stipulazione.
Si può quindi dedurre da questo passo, che il principio “alteri stipulari nemo potest” non sia un principio assoluto, e che si può anche introdurre un eccezione, e quindi, si può stipulare per altri. L’esistenza di questo passo indica chiaramente che il diritto romano, in certo caso riconosce in un determinato caso la validità della stipulazione per altri.
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