1)Il problema della proprietà pubblica.
Quando la repubblica popolare cinese fu fondata dal partito comunista cinese nell’anno 1949, la Cina seguiva le pratiche dell’ex-suoviet union e le dottrine marxiane per fondare una società sui principi della proprietà pubblica. Teoricamente, i cittadini privati possono avere i beni soltanto come mezzi di sussistenza, ma non come mezzi di produzione, perché secondo questa ideologia, se questi ultimi non fossero controllati pubblicamente, diventerebbero strumenti per sfruttare i lavoratori. Nella pratica, il sistema della proprietà pubblica si divideva in due forme, cioè la proprietà statale, e la proprietà colletiva. Per la proprietà statale, lo stato gestisce i beni pubblici in qualità di rappresentante del popolo;per la proprietà colletiva, i lavoratori che costituiscono il collegio gestiscono assieme i beni colletivi. Nella costituzione di 1954, fu confermato questo tipo di regime. In Cina, nell’età comunista, lo stato era quasi l’unico proprietario dei beni pubblici. Il 90% dell’imprese erano statali, nel senso che lo stato, o più precisamente il governo, era l’unico proprietario. Per gestirle, il governo amministrava tutti i problemi dell’imprese per cui, questo compito non era molto diffrente dall’aministrazione pubblica. Siccome questo regime, in pratica, mostrava un problema digrande inefficienza economica, con la riforma nell’anno 1992 è cominciato il processo di privatizzazione dei beni statali. Allora, per trovare una soluzione alla privatizzazione delle imprese statali, i giuristi, gli economisti ed gli specialisti della scienza politica proposero numerosi progetti. I giursiti insistettero che nel codice civile, si doveva abbandonare l’ideologia del primato della proprietà pubbica e dare uguali protezioni ad ogni tipo di proprietà. In altre parole, a livello giuridico, non ci sono differenze fra i beni pubblici e privati. Ma i politici non pensano così, in realtà loro possono approfittare dei vantaggi della proprietà publica. Prorpio per gli interventi politici,la legislazione della legge sui diritti reali si è fermata.
2)il problema della legge agraria e la riforma agraria
Secondo me, questo è il problema più importante in Cina. Bisogna trovare una buona soluzione per salvare la Cina, altrimenti, sarà distrutta. La Cina rimane ancora un paese in cui i contadini sono molto di più degli abitanti urbani. L’urbanizzazione non è mai arrivata ad un alto livello. Oggi, ci sono 800 milioni di contadini che abitano in campagna. La povertà dei contadini, le umiliazioni e le discriminazioni arrivano ad un grado incredibile. La prosperità economica infatti è un fenomeno presente soltanto nelle zone vicine al mare e nelle città centrali, nella vasta campagna invece, dal 1990, la situazione va sempre peggioando. Per spiegare questo problema, devo fare un racconto breve sull’evoluzione della proprietà della terra nella campagna cinese.
Dalla fondazione della repubblica popolare cinese, il partito comunista cinese per mantenere la promessa fatta durante la rivoluzione ai contadini ha distribuito loro le terre nell’anno 1950. Grazie alla riforma, i contadini ebbero la proprietà della terra. Dopo circa dieci anni, il governo voleva abrogare questo sistema che andava contro il principio del comunismo e cominciava la c.d. riforma sociale nella campagna secondo l’ideologia. Nel movimento, i contadini avevano consegato le proprie terra sotto le pressioni politiche e formarono le cooperazioni agrarie. I contadini diventavano i cooperatori. Teoriacamente, le terre che sono state consegnate dai contadini formavano un tipo di proprietà colletiva. I contadini incambio della proprietà avevano attenuto un diritto di cooperatore, ma in sostanza avevano perso la proprietà della loro terra. Come le imprese statali, anche le cooperazioni non funzionavano bene a causa dell’inefficienza economica. Dall’anno 1980 in poi, in campagna, con il permesso tacito del governo, i contadini cominciavano automaticamente una riforma che ha cambiato totalmente la Cina. I contadini sotto il nome della famiglia facevano un contratto di appalto con la propria cooperazione per avere una certa superficie di terra. Alla famiglia, che pagava un affitto annuale sul terreno alla cooperazione, rimanevano i prodotti della terra. In pochi anni, la campagna ebbe un’imprevedibile prosperità, la riforma nella campagna sollecitava la riforma nelle città. Quindi, si dice, lo sviluppo economico dal 1980 al 1990 è proprio un prodotto della riforma agraria nella campagna.
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